Percezioni

Da Filosofia Estetica Applicata.

Coscienza e ragione:percezioni ed esperienze

La coscienza,è la vera ragione invisibile, è l’esperienza non visiva più autorevole della mente, è il Pensiero che si testimonia e rivela l’esistenza di dio; essa è increata e nasce spontaneamente in assenza di volontà dall’autoregolamentazione di tutte le esperienze, conoscenze e percezioni. La coscienza perciò è natura, esprime lo spaziotempo assoluto di dio che cerca di rappresentare stimolando la ragione; essa, essendo natura, svolge un’azione rappresentativa con l’ambiente visivo attraverso le percezioni; considera, cioè, lo spaziotempo rappresentato dagli oggetti naturali o creati dall’uomo e, confrontandolo con quello che essa stessa esprime, lo traduce in emozioni.

Le percezioni sono esperienze messaggere ancora non del tutto comprese dalla ragione, limitata dal senso della vista; si distinguono in visive e in non visive e comprendono la percezione di dio espresso dalla coscienza stessa, la quale, poiché è natura, si rappresenta attraverso l’ancora sconosciuto spaziotempo sempre-presente.

Le percezioni visive collegano l’oggetto, naturale o artificiale, con la coscienza; più precisamente, sono esperienze rappresentative non ben comprese dalla ragione, che dall’ambiente pervengono alla coscienza. Tutti gli oggetti sono rappresentati da volumi, superfici e segni spaziotemporali che la coscienza traduce in percezioni di sensazioni (libertà, bellezza, seduzione) e sentimenti (amore, ricordi, aspirazioni), ma dei quali ancora non si conoscono con la consapevolezza della ragione i loro significati letterali, indispensabili perché traducono lo spaziotempo fisico rappresentato con qualcosa di esterno in linguaggio umanistico, in parola e verbo. I segni estetici sono già presenti sia in natura sia nell’opera d’arte, selezionati inconsapevolmente dalla coscienza.

Le percezioni visive, quindi, sono messaggere di sensazioni e sentimentiprovenienti da volumi, superfici e segni che rappresentano lo spaziotempo di tutto ciò che si osserva, dall’insieme degli “oggetti” naturali e degli esseri viventi all’insieme delle creazioni intellettuali visibili. Le percezioni visive sono portatrici di un messaggio educativo se provengono dai segni estetici evolutisi nelle configurazioni della natura e nel susseguirsi delle opere d’arte e sono, quindi, concordi alla coscienza; il messaggio invece è diseducativo se i segni, rappresentati dalla forza incontrollata del Pensiero, non corrispondono al principio di libertà, bellezza e amore “suggeriti” dalla coscienza. La percezione visiva sottintende, a livello delle cellule nervose, operazioni selettive indispensabili per il riconoscimento degli oggetti e per la valutazione delle sensazioni e dei sentimenti provenienti da essi.


Ogni oggetto si riconosce quando le sue proprietà ci permettono di distinguerlo dagli altri.


La prima operazione è il processo di riconoscimento, che isola l’oggetto dallo sfondo, identificandone i soli contorni. Il segno che divide l’oggetto dallo sfondo, infatti, ha carattere peculiare. In prima analisi si individua il contorno dell’oggetto; se esso si muove (o è la nostra testa a farlo) è possibile distinguerlo dallo sfondo grazie al movimento continuo verso la stessa direzione di tutti i suoi contorni. In seconda analisi, se l’oggetto è immobile, esso si distingue dal colore, dalla luminosità e dalle sue proprietà spaziali. Per la coscienza preposta al giudizio, non è importante la materia che configura l’oggetto, poiché può giudicarlo indipendentemente da ciò che lo costituisce, ma ciò che è fondamentale è il segno ovvero il solo contorno.

La seconda operazione è il processo di valutazione, che esamina il sentimento o la sensazione che proviene dal segno. Con l’analisi del segno, la coscienza oltre ad esaminare l’universo degli oggetti visibili, giudica il loro fascino poiché coscienza, libertà, bellezza e amore sono un tutt’uno. L’oggetto, attraverso la percezione del segno, infatti, è giudicato dalla coscienza, che decide se è più bello di un altro oggetto appartenente alla stessa categoria.

Prima della scoperta di dio dell’Energia, il quale tutto configura, unifica e spiega, la coscienza ha esaminato ed evoluto i segni estetici della libertà, della bellezza e dell’amore senza implicare consapevolmente la ragione; con i segni estetici riscontrati in dio l’analisi è espressa in modo consapevole dalla ragione, che coincide quindi con la stessa coscienza.


Le percezioni non visive sono esperienze di emozioni della coscienza non ben comprese dalla ragione e che pervengono all’ambiente. Le percezioni non visive della coscienza sono portatrici dei messaggi propositivi. Con tali messaggi la coscienza ha determinato imperativamente la ragion pratica degli artisti a rappresentare, attraverso l’ideale contorno dei segni estetici, la tensione d’amore di dio libero, bello e seducente che essa stessa rappresenta. I segni estetici che esprimono l’amore libero, bello e seducente, ben visibili nella dimensione dei sensi, sono stati rappresentati inizialmente dall’incommensurabile varietà rappresentativa della natura, sono stati selezionati dalla coscienza umana, e poi rappresentati inconsapevolmente della ragione. Tra le percezioni non visive, esiste quella propria della coscienza umana che “spinge” la ragione pratica dell’artista a rappresentare nel particolare dell’opera d’arte, attraverso segni, superfici e volumi estetici, lo spaziotempo universale della bellezza e dell’amore.

La ragione, dopo aver svelato tutto l’universo percettivo traducendo lo spaziotempo rappresentato e testimoniato dai segni estetici in parola e verbo, s’identifica alla coscienza madre: tutto è ragione, esperienza e coscienza, la quale assume finalmente il vero significato della consapevolezza.

È la consapevolezza dei significati espressivi delle rappresentazioni che convertono le percezioni in esperienze. Ci sarà alla fine della ricerca, quindi, un accordo ultimo tra segni rappresentati dalla ragione e quelli proposti dalla coscienza, un accordo tra mente e natura, tra l’uomo e dio.

La ragione nasce, nell’apparente stato di assoluta evidenza visiva, come sottoinsieme della coscienza madre in grado di ricordare, ordinare, collegare ed esprimere esperienze pratiche e teoretiche visivamente osservate (ragione visiva). Poi, artefice dell’indagine sulla natura, è costretta a oltrepassare il limite del senso della vista (ragione non visiva) e a sperimentare la natura invisibile per conoscerla e rappresentarla.


Esperienze pratiche: attività quotidiane consapevoli della ragione, con le quali si sperimentano anche esperienze teoretiche.

Esperienze teoretiche: attività consapevoli della ragione con le quali s’ipotizzano procedure sperimentali di esperienze pratiche.

Una volta superato il limite del senso della vista, per ragionare correttamente, occorre prima conoscere l’esatta rappresentazione spaziotemporale dell’“oggetto” invisibile e dopo tradurre la sua rappresentazione in espressione, cioè in parola e verbo.

Per trascinare in modo pratico la ragione a identificarsi con la coscienza (vera ragione) e quindi con dio, è fondamentale rappresentare unitamente i termini che configurano tutti gli “oggetti” visibili e invisibili della natura, energia, spazio e tempo, per poi tradurli rispettivamente in pensiero, parola e verbo.

Questo compito è stato svolto brillantemente dall’arte che ha invertito i termini della ricerca: invece di sperimentare l’Energia per conoscere come si rappresenta dio, sperimenta la rappresentazione per osservare e conoscere dio.